Cosa Nostra/ 2: la festa di San Gennaro
reportage, mafia internazionale
New York, 1995. Ed ecco finalmente Mulberry street vestita a festa. Si celebra San Gennaro per dieci giorni. Luci e tricolori dappertutto come vedete. E' il ruggito d'orgoglio della Little Italy di Manhattan, una gran sarabanda paesana dominata manco a dirlo dalle bancarelle e dal frastuono, come sentite. E' la vittoria degli emigranti o della mafia, come pensa il sindaco Giuliani?
Dicono che la festa sia stata organizzata piu' o meno direttamente dalla famiglia Genovese che ora domina Cosa Nostra dopo aver spodestato i Gambino.
Arrestato John Gotti, il padrino sarebbe Vincent Gigante che si finge pazzo per evitare il rinvio a giudizio per otto omicidi.
Le altre famiglie non esistono piu', decapitate dalla giustizia e dalla nutritissima concorrenza: i latinos, i russi e soprattutto i cinesi.E cosi' tarantelle, lasagne e bandiere italiane si sono riappropriate di un quartiere da cui in realtà sono stati cacciati anni fa. Una finzione semplicemente, poi il territorio tornera' in mano alla Triade, per traffici illeciti più consistenti. Mischiati alla folla, attentissimi, molti poliziotti. Convinti che a Little Italy, in queste serate ancora tiepide di New York, sfilerà tutto il vertice della mafia americana. Se è vero che gestisce i rosari di San Gennaro, le lotterie e il pizzo ai bancarellari, significa che la vecchia Cosa Nostra è proprio ridotta al lumicino. Ma all'Fbi ammoniscono: "Attenti alla nuova.
Non ama i riflettori. E' la piu' pericolosa".
giovedì, 07 febbraio 2008, 23:46
Cosa Nostra/ 1: pizza connection
mafia internazionale
Salvare la vita e salvare gli affari.
Negli anni '80, l'inchiesta Pizza Connection, con le sue retate, mostra che Cosa Nostra ha globalizzato il crimine quando ancora nessuno parla di globalizzazione: droga coltivata in Oriente e raffinata in Sicilia, denaro depositato in Svizzera e riciclato in tutti i continenti.
Che sia guerra di mafia o guerra con lo Stato, gli Scappati, come vengono chiamati nel gergo mafioso, fanno parte della storia.
In pieno fascismo, sotto i colpi del prefetto Mori, scappano dalla Sicilia centinaia di mafiosi. Uno di loro, Joe Bonanno diventa capo di una delle più potenti famiglie americane. Fin da quando viene ucciso il capofamiglia Salvatore a Palermo nel 1981, gli Inzerillo si rifugiano in America, all'ombra dei Gambino. Carlo Gambino, il fondatore della famiglia, emerge da un'altra storica guerra di mafia.
Don Vito Cascio Ferro, boss dei boss dei primi del novecento, spedisce a New York Salvatore Maranzano per eliminare Joe The Boss Masseria che controlla il porto. Ma la guerra la vincono Lucky Luciano e Carlo Gambino che ammazzano sia Masseria che Maranzano, fondando la moderna Cosa Nostra.
Da allora i mafiosi imparano ad attraversare e riattraversare l'oceano.
Roberto Olla
sabato, 14 aprile 2007, 23:14
In Russia la chiamano "mafi"
reportage, mafia internazionale
Mosca, 1993 - A due passi dal Cremlino, nel sottopassaggio della metropolitana, c'e' la Mosca della crisi, quella che non sa come sbarcare il lunario, che ancora non ha capito che il rublo e' una finzione, non serve piu', ormai, neppure per sopravvivere. Sopra questo mondo che quasi vive di nascosto, per la vergogna, ci sono invece gli altri russi, i giovani, quelli che ti chiedono dollari per colbacchi veri, icone fasulle e soprattutto orologi. Quaranta dollari per un Polyot e' praticamente una rapina: equivale a due mesi di stipendio da queste parti, ma sanno che per gli occidentali sono una sciocchezza e ne approfittano.
Questi giovani fanno parte della Russia che cambia. Quella che ha capito che non e' piu' tempo di utopie. All'interno di queste "due Russie", quella della valuta e quella dell'illusione infinita, c'e' uno spettro che chiamano "mafia". Meglio: "mafi".
Una mafia forse diversa dalla nostra, ma c'e' chi dice gia' piu' forte, sicuramente piu' spietata. Ma soprattutto una mafia che ha molta fretta di imparare. In realta' i russi chiamano generalmente "mafia" la malavita e tutta quella rete capillare di piccole connivenze, clientelismi, bustarelle e protezionismi che regolano ogni settore della vita quotidiana e dell'economia della Russia.
In un certo senso, hanno ragione. Perche' senza "agganci", soldi o conoscenze, in Russia e' quasi impossibile procurarsi qualsiasi cosa, dalla dentiera alla casa fino all'iscrizione all'Universita'.La mafia sta dappertutto dove ci sono i soldi. Dalla sale da gioco alla prostituzione, dall'esportazione del caviale e delle opere d'arte al furto e ricettazione di auto straniere, dalle stamperie di moneta falsa alle distillerie clandestine.
E poi: traffici di preziosi, corse dei cavalli, racket (colpiti ovviamente i locali in valuta), naturalmente droga e soprattutto il mercato nero dei beni di consumo sempre introvabili nei negozi di Stato.La verita' e' che l'efficienza della malavita ha sostituito la cronica inefficienza delle strutture economiche statali, impiantandosi da padrone nelle fabbriche e nei kolkos con la complicita' o quantomeno la copertura dei funzionari locali.
Dicono: colpa delle riforme. La tradizione della "vzyatka", la bustarella russa, in realta', risale all'altro secolo. La pratica della concussione era una sorta di costume nazionale ancora al tempo degli Zar, ma e' evidente che dopo il crollo dell'Unione Sovietica e' degenerata in un pericoloso connubio con il crimine organizzato e le strutture commerciali.
Oggi se paghi hai tutto. Ufficiali dell'ex temutissimo KGB , pezzi grossi della nomenklatura sono pronti a venderti qualsiasi cosa. Storie tutto sommato tristi, che danno il senso del disagio, spesso della disperazione della nuova Russia. Lo stesso presidente Eltsin, il 12 febbraio del 1993, al Parlamento davanti le piu' alte cariche della Repubblica, ha dichiarato ufficialmente guerra alla mafia. Mafia come elemento destabilizzante. Ha tuonato il presidente: "La mafia si e' introdotta all'interno delle nostre strutture, e ora le utilizza ai suoi fini. Occorre portare la lotta fino al livello piu' alto".
Due miliardi di dollari sono spariti, evaporati in nove mesi dal ministero delle relazioni economiche estere. E il ministero dell'Interno esita ad aprire un'inchiesta: perche'?
Al sesto piano della Casa Bianca, la sede del Parlamento russo, incontriamo Aslanbek Aslakhanov, presidente della commissione antimafia.
Lancia un grido d'allarme: interno ma anche esterno. - Lei e' stato il primo in Russia a denunciare il pericolo mafioso. A che livello e' arrivato ora il fenomeno?"La mafia per un russo e' da sempre un concetto vago. Significa tutto quello che e' contro di lui, il disordine, i delitti. Ma la scoperta di una vera e propria organizzazione criminale risale all'84-85".-
Lo stesso presidente Eltsin ha parlato di corruzione, di infiltrazione nello Stato, quello che avviene nei paesi occidentali"Prima della perestrojka la polizia negava l'esistenza di certi fenomeni, neppure si poteva parlare di mafia. Ma ormai e' chiaro a tutti che esiste una struttura che si e' inserita nel processo di liberalizzazione. E che c'e' una congiunzione fra cosidetti colletti bianchi e imprenditori. I capitali spesso sono notevoli ed e' inutile negare che anche da noi corrano quelle che voi chiamate tangenti".
-La mafia russa ha contatti internazinali, sembra addirttura che abbia stretto un patto con Cosa nostra, a tal punto che lei verra' presto in Italia per parlanre con le autorita' italiane. Cosa ne sa di questi rapporti?""Sicuramente i legami ci sono. So per certo che c'e' una stretta colleganza fra mafia russa e mafia italiana nel traffico della droga. Ma non solo. Ogni affare illecito li trova insieme. E' necessaria una grande collaborazione fra i nostri governi".
- C'e' anche uno scambio di killer, non solo con la mafia ma anche con servizi segreti stranieri?"Ho la certezza di viaggi di killer russi in Germania e negli Stati Uniti. Ma probabilmente si sono recati spesso anche in Italia. I killer russi, da quel che so, sono molto richiesti perche' hanno imparato in fretta, hanno acquisito cioe' una certa tecnica, in piu' sono molto feroci e costano poco. Tutte condizioni per assoldarli”
Quando andiamo via, a microfoni spenti, si spinge oltre: "Tra un anno noi andremo via, perche' siamo stanchi. E la nuova classe politica russa sara' almeno per meta' appoggiata dalla mafia. Proprio come succede nei Paesi occidentali".
Mancano soprattutto le leggi. L'allarme, o meglio un vero e proprio grido di aiuto viene dal Procuratore capo di Mosca, Valentin Stepankov. Come in Italia, i magistrati russi sono ormai sulla linea del fronte contro la criminalita' organizzata.
Per la prima volta l'anno scorso tre giudici sono stati uccisi nell'adempimento delle loro funzioni. E hanno perso la vita anche trecento funzionari, investigatori, agenti dei servizi di sicurezza. Decine di procuratori hanno avuto attentati, assalti, tentativi di rapimento.
"E' molto difficile fare questo mestiere in un Paese che ha la piu' profonda mancanza di rispetto per la legge. La mafia da noi e' appena nata ma come ha sottolineato detto il presidente Eltsin ha gia' surclassato quella siciliana e purtroppo gia' abbiamo i nostri Falcone e Borsellino.
E abbiamo anche noi i Di Pietro che stanno indagando su una rete di corruzione pubblica da far impallidire la vostra Tangentopoli.
Il problema e' che noi giudici siamo pochi e ancora giovani. Dalla Procura generale dipendono 23 mila uomini che devono far rispettare la legge in oltre tremila distretti e province. Il 40 per cento, oltretutto, sono neo laureati. Oltretutto, c'e' un fattore culturale che limita il nostro lavoro.
Per la gente il potere giudiziario e' ancora considerato il braccio repressivo del potere politico. Non e' piu' cosi'.
Non c'e' piu', in Russia, il Grande Fratello intento a sovergliare ogni mossa dei suoi cittadini. Per combattere la mafia bisogna stare uniti e la gente deve cominciare a non considerarci piu' suoi nemici"
Anche in Russia, come nel mondo, tutto e' cominciato dalla droga. Un pacchetto di erba qui costa piu' o meno cinquemila lire. Pochissimo.
Significa che e' sin troppo facile esportare. L'eroina sintetica e altri allucinogeni prodotti nei laboratori di Mosca costano, ad esempio, almeno dieci volte meno rispetto alla media europea.
E l'hashish coltivato in Kazakistan ha un prezzo inferiore di cento, persino centocinquanta volte dei mercati occidentali. Ci dice un poliziotto della squadra antidroga: "Per tanti anni si e' taciuto sul problema degli stupefacenti. Adesso finalmente si puo' parlare e le cifre fanno spavento. I drogati in Russia sono ormai otto milioni. E il 74 per cento sono ragazzi sotto i trent'anni".In altre parole, la Russia in un paio d'anni sta coprendo d'un balzo la strada percorsa dall'Occidente in decenni, con lo sviluppo di un narcoimpero tale da costituire una minaccia all'intera comunita' mondiale.
C'e' chi ha detto che nei narcotici dell'ex Unione Sovietica ci puo' affogare tutta l'Europa. I narcomafiosi russi hanno gia' costruito ponti solidi di comunicazione con Germania, Austria, Giappone e Scandinavia.
Il capo dei capi, secondo gli inquirenti, e' Rafi Svo, il barone rosso. Per lui, dicono, lavora la mafia italiana. Con un compito preciso: riciclare dollari sporchi.Incontriamo Vitalij Anikin, uno dei primi poliziotti russi a occuparsi di lotta alla droga. Era un capitano. Adesso non sta piu' nella polizia. Guadagna molto di piu' facendo il guardiano notturno in uno stabilimento. Ma ha lasciato non solo per soldi. La sua denuncia e' inquietante:
"Ricordo che Breznev diceva che solo una fantasia malata poteva pensare che nell'impero sovietico ci si drogasse. Nell'88 mi offrirono molti soldi, 200 mila rubli l'anno, per non vedere, per non indagare".Anikin era un bravo poliziotto: nella sua rete finirono borseggiatori, lenoni, ladri, spacciatori. L'embrione della mafia. O forse era gia' mafia: appena fuori Mosca, ci fu il primo vertice dei boss. In quell'occasione, nel 1988, fu siglata la pax mafiosa.
Ora la guerra e' riesplosa. Si dice che i russi vogliano cacciare via i ceceni, sempre piu' agguerriti.
Della mafia russa ci parla, dal di dentro, un boss di Mosca. Cosi' arrogante e sicuro di se che ha accettato di incontrarci.
L'appuntamento, lo fissa lui, e' nei giardini dell'Universita'. Una sola condizione: di non rivelare la sua identita'. Di lui dunque non saprete il nome, ma saprete come la pensa, soprattutto che sta succedendo nella capitale dell'ex impero sovietico.- E' ricco?"Ogni persona ha i suoi parametri.
Secondo i miei, sono molto ricco". - Quanto guadagna l'anno, me lo puo' dire?"Mediamente, cento milioni l'anno. Di dollari"- Di cosa si occupa, qual e' il suo campo di azione?"Ho una sfera di attivita' molto ampia, non ho un settore ben definito"-
Qualsiasi cosa va bene pur di far soldi?
"No, credo di essere arrivato a un'eta' in cui bisogna pensare anche all'anima. Ma diciamo che i soldi mi interessano".- Si parla della mafia che ha contatti con strutture statali. Lei ha contatti con politici?"Sono loro che vengono da me, che cercano i contatti".- Chi comanda a Mosca?"L'arbitrio, l'anarchia. Non si sa ancora chi comanda".- C'e' almeno un omicidio al giorno, e' in atto una guerra fra bande. Chi sta vincendo e chi sta perdendo?"Quelli che fanno la guerra sicuramente perdono".- Si dice che i ceceni,ad esempio, siano i piu' forti e che ci sia in atto una guerra con gli azeri e i russi.
E' vero?"I ceceni? Tra molto poco loro abbandoneranno Mosca e ritorneranno in patria".- Si dice anche che questa guerra fra brigate mafiose sia addirittura orchestrata dai servizi segreti, dal Kgb, per farli eliminare fra di loro."Qualsiasi cosa in corso nel nostro Paese viene sempre provocata dai servizi segreti. Non solo da noi, anche da voi".- Sa se c'e' un rapporto fra mafia russa e mafia italiana?"Certo che c'e'. Anche se non stimiamo gli italiani.
Io non credo che siano cosi' forti, come si pensa nel mondo, grazie magari a qualche film spettacolare. Tutti i mafiosi italiani che ho conosciuto sono dei mediocri. Non sono capaci di certe azioni.
Io sono convinto che stragi come quelle avvenute a Palermo, la strage Falcone soprattutto, siano opera di mercenari, di gente venuta da fuori. Non posso dire di piu', ma diciamo che c'e' gente, a tutti i livelli, anche da noi che cerca qualsiasi sistema per far soldi. Ed e' molto brava".- Ha mai ucciso qualcuno?"Si', una volta".- E ha fatto uccidere altri? "Preferisco non rispondere"- Cos'e' la mafia per un russo?"Una parola straniera.
Da noi i mafiosi come li intendete voi non esistono. Si tratta di gente che sta combattendo per la giustizia.
La mafia vera stava nel comitato centrale del partito comunista. Per fortuna ora il comunismo non c'e' piu' e spetta a noi combattere. Si', tocca a noi pensare al futuro".- A noi chi?"Noi, un gruppo di persone che molto meglio di Eltsin e di Kasbulatov pensano allo sviluppo del Paese. Abbiamo i soldi, le conoscenze e la volonta' per creare un nuovo sistema.
Il problema e' tutto nostro e noi lo dobbiamo risolvere".- Crede in Dio?"L'uomo che non crede e' una bestia. E' un cadavere ambulante. Bisogna credere, in qualcosa o in qualcuno".Quando ci saluta dice: "E' stata una giornata pesante. Prima di venire qui ho passato sei ore a spiegare che e' meglio convincere che sparare.
Che le parole valgono piu' delle pistole".
Solo a Mosca, fra piccole e grandi, ci sono dieci bande criminali. Qui le chiamano brigate. Ogni brigata ha da 25 a 300 elementi. In tutto si calcola che i "soldati" della mafia siano piu' di seimila.
La brigata piu' grossa e potente e' la "Zenter", quella del centro. Ma non sono da sottovalutare la "Dolgoprudnaya" che controlla la parte nord della capitale e la brigata "Chechen" che opera a sud.
Ci sono poi la "Ingushy" che acquista pellicce e pelli di contrabbando che fa lavorare in uno stabilimento in Italia, la "Solentsevo" che ha il racket dei trasporti e la "Dimon" che ha l'appannaggio del gioco d'azzardo e delle slot-machines.
La brigata "Assyrian" e' la numero uno del traffico di droga, la "Zingara" e' specializzata in furti e l'"Ebraica" fornisce informazioni alle brigate piu' grandi sugli obiettivi da colpire, ottenendo in cambio una lauta tangente. Secondo i dati ufficiali del Ministero dell'Interno, il giro d'affari ha raggiunto nel 1991 circa 65 miliardi di dollari.Una volta, non molto tempo fa, il Ministero dell'Interno di Mosca era un edificio assolutamente inaccessibile ai giornalisti occidentali. Oggi non solo ci fanno entrare ma in un vertice, Anatolj Alexeyev, comandante dell'accademia di polizia, ammette le difficolta' di contrastare anche sul piano tecnico i criminali.
"I mafiosi - dice - hanno sempre piu' mezzi e sempre piu' sofisticati. Sono diventati ricchi e possono permettersi di acquistare all'estero mentre al nostro Governo succede il contrario, cioe' e' nelle condizioni di dover vendere.
Senza isterismi bisogna tener conto del fenomeno: in due anni i delitti sono quasi raddoppiati.
Dai due milioni e mezzo il prossimo anno prevediamo di arrivare a quattro milioni di delitti. Stiamo migliorando i quadri e abbiamo istituito delle squadre speciali contro la criminalita' organizzata. C'e' una supersquadra poi alle dirette dipendenze dell'MBR, il Ministero per la Sicurezza della Russia, l'erede del KGB". Una denuncia arriva anche dal generale Shatalin, direttore della scuola superiore degli investigatori:
"Muoiono a decine, anche fra i poliziotti. Sembrano notizie dal fronte. E purtroppo ci sono corrotti anche fra di noi.
I successi, nonostante la corruzione, comunque non mancano. Continuano ad essere sequestrati ingenti quantitativi di refurtiva, armi, droga".
Nella Russia ammaliata dal miraggio del capitalismo, sotto i colpi del mercato, spuntano nuove professioni. Indifferenti alla crisi politica e occupazionale, i piu' intraprendenti si riciclano. Diventano, s'inventano governanti, mercenari, guardie del corpo, parrucchieri per cani, spogliarelliste.
Ci hanno permesso di entrare in una scuola di strip-tease nata negli ultimi mesi a Mosca. Le ragazze vengono accompagnate addirittura dal fidanzato.
Non tutte hanno un corpo da mostrare ma in comune hanno la voglia di fuggire. Cercano un contratto per l'occidente, un viaggio della speranza di cambiare. Quando non riescono, e poche di loro ci riescono, a farsi ingaggiare da un night dei nostri Paesi, scelgono allora la strada piu' facile, ma anche piu' triste: la prostituzione.Per gli uomini le strade sono altre.
Prendiamo gli ex soldati dell'Armata Rossa, reduci da anni di stipendi da fame. Per chi ha voglia di menare le mani c'e' l'arruolamento volontario in organizzazioni paramilitari che smistano avventurieri nei punti caldi del globo. L'alternativa e' mettersi al soldo dei mafiosi che pagano profutamente.
Alla peggio, ecco che ex sottufficiali dell'esercito si mettono a fare i picchiatori nei locali. Una notte siamo andati al "Banzai", un ex cinematografo di periferia.
Su un ring si affrontano a colpi di "kick-boxing" e quanto di piu' violento si vede nelle risse di strada. Botte senza regole. In sala si divertono a scommettere (dieci dollari puntata minima, massima senza limiti). E c'e' chi, per far colpo sulla donna, sale direttamente sul ring a sfidare il vincitore.Mosca pullula talmente di criminali che un mese fa in un ristorante italiano in una normale operazione di polizia ne sono stati arrestati 26, appartenenti a bande interregionali. Nove di loro avevano il giubbotto antiproiettile.
Nessuno quella notte ha sparato ma Mosca e' gia' stata paragonata alla Chicago degli anni Trenta. La polizia sembra impotente e la gente si sente indifesa.Il quadro della situazione in un incontro con Vladimir Suhailo, capo del dipartimento per la lotta alla criminalita' organizzata."L'aumento della criminalita' -dice- e' dimostrata dalle cifre.
Dai sessantamila delitti del '91 si e' passati agli ottantamila del 92. E quest'anno stiamo andando anche peggio. Pensi che solo a Mosca, nei primi tre mesi dell'anno, ci sono stati 252 omicidi. Aumentano nel frattempo anche le rapine: 665 in tre mesi contro le 420 di tutto l'anno passato.
E cosi' i furti. Quello che abbiamo notato che e' aumentato a dismisura l'impiego delle armi. Un altro fenomeno preoccupante e di cui si parla poco e' costituito dai rapimenti. Si e' passati dai due sequestri di persona del '90 ai 51, addirittura, del '92 e mi riferisco sempre alla sola zona di Mosca.
Quest'anno abbiamo avuto gia' quindici sequestri, una media di cinque al mese. Veramente troppi anche se riusciamo talvolta a liberare i rapiti senza il pagamento il riscatto che in media si aggira sui 300 mila dollari. Ma siamo rimasti sorpresi nell'ultimo caso (un diciottenne figlio di un giorgiano) dalla richiesta del riscatto: un milione di dollari.
Una cifra allucinante per il nostro Paese"-Cos'e' la mafia? "La mafia? L'avete voi".
E' venerdi' sera. Anzi l'alba di sabato. Le vie intorno al cuore della citta' sembrano deserte. Con l'auto sfioriamo l'"ugolok",l'angoletto, da dove in genere partono le brigate della mafia. La vie adesso sono deserte le brigate a quest'ora sono gia' partite. Mosca e' in mano loro.
Ma non solo Mosca. A Vienna, in un convegno ad altissimo livello, gli esperti europei di criminalita' hanno stabilito che le nuove vie della droga e delle armi partono dall'est. Hanno parlato di rapporti organici fra gruppi criminali italiani e autentici eserciti di mercenari ex comunisti. E hanno citato Falcone e Borsellino. I primi che l'avevano capito. Forse sono morti (anche) per questo.
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Dietro fatti, misfatti e protagonisti del grande affare emergenza, dalla Maddalena all'Aquila, passando per i Mondiali di nuoto e i rifiuti di Napoli, spuntano retroscena che riportano immancabilmente dentro le austere stanze dell'Opus Dei. A cominciare proprio dallo stesso sottosegretario, fino ai Gentiluomini di Sua Santita' Gianni Letta ed Angelo Balducci. In esclusiva, ecco tutti i nomi.
Bertolaso, la mano de Dios. Parafrasando il celebre film su Maradona, raccontiamo qui le potenti protezioni di un uomo che davvero - e non per meriti sportivi - si muove da sempre a un passo da Dio. Anzi, a un passo dall'Opus Dei, stella polare della folgorante carriera di Guido Bertolaso, quell'altisonante dietro le quinte finora trapelato solo di striscio ma che adesso, alla luce dell'inchiesta giudiziaria di Firenze, la Voce porta sotto i riflettori in tutta la sua manifesta influenza. Si', perche' la maggior parte dei protagonisti del gigantesco, illecito meccanismo descritto dal gip fiorentino Rosario Lupo nelle 126 pagine dell'ordinanza di custodia cautelare, ci riportano immancabilmente oltre Tevere e, in particolare, dentro gli austeri palazzi dei Parioli dove ha sede la piu' settaria delle consorterie religiose cattoliche: la Prelatura dell'Opus Dei.
Passiamo ora in rassegna, uno ad uno, i personaggi in odor di Opus coinvolti nell'inchiesta fiorentina ed alcuni fra i loro “santi protettori” che rivestono funzioni di governo del Paese.
BERTOLASO - Partiamo proprio da lui, il super sottosegretario alla Protezione civile e capo dell'omonimo Dipartimento. Un decisionista spinto, l'uomo del comando nelle cui mani il premier Silvio Berlusconi aveva affidato la summa dei poteri per opere da miliardi di euro destinate a trasformare il volto del Paese. E senza alcun controllo.
Capace, navigato quanto basta lungo missioni all'estero ultradecennali, Guido Bertolaso fin dagli esordi della sua carriera ha potuto pero' contare su una credenziale di tutto riguardo: quello stretto collegamento con la corazzata della fede fondata da san Josemaria Escriva' de Balaguer che ogni porta sa aprire e, soprattutto, garantisce sulla assoluta “affidabilita'” dei suoi uomini rispetto alle linee prefissate. Quasi sempre altrove.
L'avvicinamento del giovane Guido all'Ovra - contrariamente a quanto vuole la leggenda - non comincia con la “chiamata” al fianco di Giulio Andreotti negli anni ‘80, bensi' assai prima. Basta considerare le origini familiari del brillante ed ambizioso medico, che sono ancora oggi profondamente radicate in quell'area del Veneto bianco a cavallo fra le province di Verona e di Vicenza. Ed e' nel veronese, precisamente a Cazzano di Tramigna, 1400 anime o poco piu', che nel dopoguerra i Bertolaso sono gia' una famiglia importante. Arrivati a inizio secolo nella zona dei mulini per impiantare un pastificio, i nonni dell'attuale sottosegretario allevano quattro figli maschi: il primogenito, Giorgio (padre del sottosegretario), che diventera' generale dell'aeronautica; Francesco, che sara' sindaco del piccolo comune negli anni sessanta, e poi Luciano e Stanislao, entrambi ricordati in paese per i brillanti risultati conseguiti nel ciclismo. Mentre il ramo che fa capo a Giorgio (scomparso novantenne lo scorso anno) si era trasferito ben presto a Roma, in Veneto restava l'altro, importante nucleo della dinasty: quello che ha dato i natali a due attuali membri dell'Opus Dei, entrambi assurti a cariche ufficiali di tutto rilievo.
La prima e' Marta Bertolaso, giovane e gia' nota biologa, attualmente ricercatore al Campus Biomedico di Roma (universita'-colosso dell'Opus in Italia), nonche' presso la Fondazione Rui (altra costola dai fatturati miliardari) ma, soprattutto, nominata fin dal ‘99 membro del Consiglio della Delegazione italiana dell'Opus Dei con decreto del Prelato. Nel 2002 tocca ad Emanuele Bertolaso, trasferitosi a Vienna, che ad ottobre viene investito della carica di membro del Consiglio regionale per l'Austria.
Lo stesso Guido Bertolaso, del resto, non ha mai mancato di far sentire, sia pure in forma discreta e senza troppa pubblicita', la sua presenza al fianco dell'Ovra. Il 25 luglio dello scorso anno apre ufficialmente i lavori della Summer School organizzata a L'Aquila dalla Fondazione Rui, cui prendono parte fra gli altri Claudio Sartea e Juan Andre's Mercado della Pontificia Universita' della Santa Croce ed il banchiere Ettore Gotti Tedeschi. A novembre lo troviamo in veste di guest star, sempre alla Fondazione Rui, per spiegare agli allievi dell'esclusiva residenza romana (con diramazioni fra le e'lites studentesche di tutto il mondo) «il segreto del suo impegno professionale in seno alla Protezione civile».
BERLUSCONI - Ora che il rapporto fra il sottosegretario e l'Opus assume contorni piu' definiti, passiamo agli altri “religiosissimi” gran registi degli accordi sulle maxi opere emergenziali finite all'attenzione di ben tre Procure (oltre a Firenze, indagano infatti anche Roma e Perugia).
A cominciare, naturalmente, dal premier Silvio Berlusconi. Il quale delle sue frequentazioni ai collegi dell'Opus fin dalla “tenera” eta' non ha mai fatto mistero. Fu proprio alla Residenza Torrescalla, sede milanese delle Fondazioni Rui, che nacque il sodalizio di ferro con Marcello Dell'Utri e con un altro supremo vertice dell'Opus, quel reverendissimo padre Mariano Fazio che dal 2002 e' rettore magnifico della Pontificia Universita' della Santa Croce. Non meno noto e' poi il legame fra Berlusconi e don Luigi Verze', padre padrone di un'altra corazzata sanitaria in odor di santita' capace ogni anno di fabbricare euro a miliardi, il network delle case di cura private San Raffaele. Se pur dal punto di vista amministrativo disgiunte dal giro d'affari opusdeista, le cliniche San Raffaele e la annessa universita' si valgono di una collaborazione costante con sigle di primo piano dell'apparato di San Josemaria, come dimostra, per fare solo un esempio, l'assidua presenza al San Raffaele di una professoressa come la numeraria (e deputata del Pd, ora Udc) Paola Binetti, docente al Campus Biomedico.
LETTA - E non e' affatto un caso che quella mattina dell'11 marzo 2008. in occasione dell'inaugurazione della nuova sede dell'Universita' Campus Biomedico di Trigoria, alle porte di Roma, si fossero ritrovati insieme il Prelato dell'Opus Dei Javier Echevarría, il segretario di Stato Vaticano Tarcisio Bertone, l'allora presidente della Regione, il “pio” Piero Marrazzo, e Gianni Letta, quest'ultimo giunto alla cerimonia non solo per i suoi incarichi istituzionali nell'esecutivo Berlusconi. Letta infatti siede nell'advisory board del Campus, insieme al portavoce ufficiale dell'Opus Joaquín Navarro-Valls e a mister Banca di Roma Pellegrino Capaldo. E' lui, Letta, che chiama a se' Bertolaso dopo la formazione politica sul campo che il giovane medico aveva maturato alla scuola di Giulio Andreotti (altro devoto - e conclamato - militante dell'Opus Dei).
Ne' si tratta di frequentazioni di poco conto. Basti considerare che Letta - fra i primi a difendere a spada tratta Bertolaso dopo il turbine giudiziario di meta' febbraio - e' oggi nel ristretto novero dei Gentiluomini di Sua Santita', costola laica del ristretto entourage papale in Vaticano. La sua investitura era stata voluta nel 2007 dallo stesso Benedetto XVI insieme, fra le altre, a quella di Leopoldo Torlonia, presidente dell'ancor piu' aristocratico Circolo San Pietro. Assistente ecclesiastico del Circolo (vale a dire la massima autorita' religiosa prevista dall'organigramma) e' poi l' “Ill.mo e Rev.mo Mons. Franco Camaldo”, uomo da sempre vicinissimo a Joseph Ratzinger.
Il nome di monsignor Camaldo era rimbalzato nell'ambito dell'inchiesta condotta dal pm di Potenza John Woodcock su traffici internazionali di matrice massonica che aveva coinvolto, fra gli altri, Vittorio Emanuele di Savoia. La vicenda - che in qualche modo, come vedremo, ci riporta all'inchiesta fiorentina sul G8 - e' stata ricordata nel libro “Il caso Genchi”, Aliberti Editore, scritto dallo stesso Gioacchino Genchi con Edoardo Montolli. Il riferimento e' al procedimento disciplinare, conclusosi con un provvedimento di censura, condotto dal Csm a carico di Vincenzo Barbieri, attuale procuratore capo di Avezzano, negli anni in cui era direttore generale di via Arenula con guardasigilli Clemente Mastella. «Barbieri - scrive Genchi - e' stato tirato in ballo da Woodcock in una brutta storia di massoneria, l'ennesima, sospettato di favoreggiamento nei confronti di un alto prelato del Vaticano su cui a Potenza si indagava: monsingor Francesco Camaldo».
Tanto la posizione di Barbieri quanto quella di monsignor Camaldo sono poi state archiviate dal gip di Potenza. Ma restano le intercettazioni nelle quali Barbieri si confida a lungo con un amico: e' Achille Toro, lo stesso procuratore aggiunto di Roma indagato nell'ambito dell'inchiesta che ha travolto Bertolaso e per questo dimessosi, nelle scorse settimane, dalla magistratura.
BALDUCCI - La vicinanza alle alte sfere vaticane di Angelo Balducci, il presidente del Consiglio superiore dei lavori pubblici arrestato nell'ambito dell'inchiesta di Firenze, e' fuori discussione. Non altrettanto nota, forse, e' la rete di protezioni di cui ha potuto godere nelle altolocate gerarchie dell'Opus Dei. Se infatti, all'indomani della bufera giudiziaria, venne subito alla luce la presenza di Angelo Balducci - al pari di Gianni Letta - fra i Gentiluomini di Sua Santita', piu' in sordina arrivano invece le notizie sulla lunga collaborazione, avviata fin dai maxi appalti per il Giubileo del 2000, fra l'ingegner Balducci, Guido Bertolaso e l'allora presidente del comitato organizzatore dell'Anno santo, il cardinale Crescenzio Sepe. Prefetto della “Propaganda Fide”, di cui Balducci diventa “consultore”, Sepe e' fra i cardinali piu' vicini alla Prelatura. Tanto che le sue preghiere e meditazioni vengono regolarmente riportate nei siti ispirati all'opera di San Josemaria.
MASI - Capri non e' solo il nome della fiction Rai per casalinghe disperate piu' gettonata del momento, ma anche la location preferita dagli uomini della “cricca grandi lavori” passata ai raggi X dalla Procura di Firenze. A settembre 2008 «per il trasferimento di Angelo Balducci da Roma a Palermo con sosta a Capri» viene noleggiato «un idrovolante per due
persone al costo di 3.800 euro piu' iva». A pagare ci pensava naturalmente Diego Anemone, il trentanovenne costruttore romano che si era accaparrato la piu' grossa fetta degli appalti per i “grandi eventi”. Ovvio percio' che quando a giugno 2009 il professor Mauro Masi, direttore generale della tv di stato, telefona ad Anemone per sollecitargli l'assunzione presso il Salaria Sport Village del giovanotto anacaprese Anthony Smit, gia' concordata con Balducci, Diego Anemone scatti sugli attenti. Poche settimane dopo il ragazzo, fratello della fidanzata di Masi Susanna Smit, sara' assunto, con un paio di stipendi anticipati ed un appartamento in fitto nella capitale tutto per se'.
Ma anche dietro il coinvolgimento di Masi (che pero' non risulta indagato) nell'inchiesta fiorentina non poteva non spuntare lo zampino di mamma Opus. E' infatti di novembre 2009 la nomina a sorpresa, voluta dal dg Masi, del rampante trentaduenne sanremese Marco Simeon al vertice dell'ufficio relazioni istituzionali ed internazionali della Rai. Masi impone quella candidatura sfidando il voto contrario dei presidente Paolo Garimberti e di mezzo consiglio d'amministrazione.
L'enfant prodige Simeon proviene da quel fertile humus della Liguria che si nutre delle cure assidue di Claudio Scajola e del cardinale Angelo Bagnasco. Il giovane si schermisce e nega di far parte dei numerari o soprannumerari dell'Opus Dei (elenchi, peraltro, tuttora coperti da assoluto segreto), ma sono tante le circostanze che riconducono di prepotenza il suo nome alle stanze della Prelatura. Una su tutte: fin dal 2006 Marco Simeon, nemmeno trentenne, sedeva gia' ai vertici della Fondazione Carige (Cassa di Risparmio di Genova e Imperia), e non da solo. Perche' appena un gradino piu' sopra c'era anche Vincenzo Lorenzelli, docente di chimica nonche' magnifico rettore del Campus Biomedico dell'Opus Dei. Del resto, la Fondazione Rui da molti anni riceve regolarmente finanziamenti dalla Carige. E Lorenzelli a inizio 2010 spicca il volo - fra mille polemiche - anche in vetta al piu' importante presidio ospedaliero ligure, il Gaslini di Genova, del quale era stato nominato gia' nel 2005 commissario straordinario dal cardinale Tarcisio Bertone. Tutto in casa.
E che la longa manus dell'Ovra sia tutt'altro che estranea alle pedine da muovere sullo scacchiere della Rai non lo dimostra solo l'esempio Masi-Simeon. Se infatti a Viale Mazzini i seguaci del Santo possono contare su un direttore generale tanto religioso, a Napoli dormono sonni ancor piu' tranquilli. Almeno da quando - e sono ormai quasi dieci anni - al timone del TGR di Fuorigrotta siede Massimo Milone, altra personalita' da sempre vicinissima alla Curia locale, molto attento anche alle attivita' dell'IPE, l'istituto formativo per giovani e fanciulle di famiglie bene gestito dalla sede locale dell'Opus Dei. Fuori discussione, infine, il ruolo di Angela Buttiglione, direttore generale di Rai Corporation nonche' sorella di quel filosofo dell'Udc Rocco Buttiglione che all'Opus Dei e' a casa sua. Da sempre.
Fonte:http://abruzzo.indymedia.org/article/7427
IL DEBITO
PINO CABRAS' BLOG : http://pino-cabras.blogspot.com/2010/05/dopo-leurobailout.html

Grecia, terrorismo di stato e implementazione del Nuovo Ordine MondialeCondividi
Oggi alle 0.26
Qui sotto riporto le informazioni tratte da due articoli, dalla cui attenta analisi si evince che anche questa volta il cosiddetto terrorismo è stato scientemente organizzato e pianificato dai servizi segreti, come tante altre volte è successo in Italia (vedi soprattutto il caso del sequestro di Aldo Moro) e nel resto del mondo (basti pensare agli eventi dell’11 settembre).
Quanto successo in Grecia andrebbe collegato con lo strano incidente aereo a Nigel Farage, uno dei pochi politici che si oppongono al Trattato di Lisbona e all’ancora più strano incidente che ha portato alla morte di gran parte dell’élite dirigenziale della nazione polacca.
Guarda caso le scelte dei leader polacchi, in controtendenza col servilismo degli altri leader europei, hanno tenuto la polonia lontano dall’euro e dai venefici vaccini contro l’influenza suina, e guarda caso il disastro aereo in cui sono periti si è verificato proprio nell’anniversario del massacro di Katyn. Difficile pensare ad una coincidenza, allora fu la Russia Sovietica a massacrare 22.000 ufficiali e cittadini polacchi, oggi la Russia è implicata nel "disastro aereo" grazie al quale sono stati eliminati i vertici dello stato polacco.
Se mettiamo insieme tutti questi tasselli col quotidiano svolgersi dell’operazione chemtrails ci si trova di fronte ad un quadro davvero triste per non dire macabro, e se non prendiamo adesso coscienza di quello che succede, se non abbandoniamo subito l’euro, presto faremo la fine della Grecia.
D’altronde viene da sorridere di fronte alle rassicuranti rassicurazioni del nostro presidente Napolitano che parla di un semplice "colpo di coda" della recente crisi economica, mentre fa pensare il fatto che l’Italia, come altri paesi europei indebitati (a causa del signoraggio), presterà dei soldi alla Grecia … in modo da indebitarsi ancora di più con le banche e fare più in fretta la sua stessa fine?
Insomma il Nuovo Ordine Mondiale sembra avvicinarsi a passi da gigante, ma noi cerchiamo di fare il possibile affinchè sempre più gente ne prenda coscienza affinché la nuova incombente tirannide, se e quando si realizzerà, si ritrovi ad essere un gigante coi piedi d’argilla.
Come giustamente viene osservato in un recente articolo tratto dall’ottimo blog italiani imbecilli, il direttore della filiale della banca dove sono morte tre persone, è stato pubblicamente accusato dalla folla di essere un assassino. Infatti gli impiegati avevano chiesto di non lavorare nel primo giorno dello sciopero generale, ben prevedendo la possibilità di disordini anche gravi: è stato il direttore ad obbligarli a lavorare sotto la minaccia del licenziamento (vedi il video.
Non è stato identificato il lanciatore della molotov che ha incendiato la banca. Nessuna rivendicazione anarchica ed un forte sospetto sui soliti mestatori, i servizi segreti ed i provocatori al loro soldo. Infatti poliziotti in tenuta antisommossa sono stati ripresi mentre spaccavano alcune vetrine (ricordate il G8 di Genova?).
Gravissime poi le accuse di un impiegato della filiale: la banca non aveva sistemi antincendio e neppure i permessi per poter essere costruita. Il personale non è mai stato addestrato in caso di incendio. Il locale possedeva materiale infiammabile ovunque. I dipendenti, in quel giorno, erano stati ricattati: ‘o lavori, o ti licenzio. all’interno della filiale, quel giorno, era stata disattivata la linea internet. I consueti vigilantes non c’erano.
Vedi per approfondimenti il seguente articolo.
Lo strano incendio della Banca Marfin ad Atene
L’étrange incendie de la Banque Marfin à Athènes (vidéos http://www.youtube.com/watch?v=pFPDpbRgvgk; http://www.youtube.com/watch?v=Tp31CG6hIwE)
traduzione tratta dal blog tuttouno
6 maggio 2010, su Mecanopolis
L'incendio della banca Marfin, ieri, durante le manifestazioni ad Atene, si ritrova al centro di tutte le manipolazioni politiche, con l'obiettivo di mettere a tacere la legittima e crescente protesta del popolo greco. Molte domande restano sul modo in cui si sono svolti i fatti, e sull'identità degli autori dell'incendio.
Il rapporto dei vigili del fuoco, indica che la porta di legno principale sarebbe stata colpita da una bomba molotov. Tuttavia i video amatoriali mostrano che è il porticato che è letteralmente esploso. Le indagini devono ora stabilire se una molotov può fracassare il vetro antiproiettile di una banca.
Alcuni vigili del fuoco hanno constatato l'assenza di estintori nella banca e che l'uscita di sicurezza era chiusa con un lucchetto. Una lettera del Segretariato Generale del Ministero dell'ordine Pubblico (Divisione per la lotta contro gli incendi boschivi) del 11 gennaio 2010, che chiedeva una messa in conformità, suggerisce che la banca non rispondeva ai più elementari criteri di sicurezza.
Tali accuse sono supportate anche dalla testimonianza scritta di un impiegato della banca (su ComeDonChisciotte)
L'impiegato scrive fra l'altro che durante gli ultimi giorni prima dello sciopero generale, la direzione della banca non ha cessato di intimidire i suoi impiegati con "l'offerta" verbale seguente: o venite a lavorare, o siete licenziati.
La polizia, che pretende essere in possesso di video che dimostrerebbero che gli autori dell'incendio fanno parte di un'organizzazione anarchica, non è stata in grado, per ora, di procedere ad un solo fermo. Diversi testimoni dell'incendio hanno riferito di aver visto degli uomini in divisa incappucciati versare litri di benzina nell'entrata della banca alcuni minuti dopo l'esplosione della molotov (testimonianze che stiamo cercando di verificare attualmente, e che pubblicheremo prossimamente se risulteranno affidabili).
L'identità delle tre persone morte è ancora sconosciuta:si sa solo che si tratta di due donne e un uomo che lavoravano nella Marfin Egnatia Bank.
Ndt. "......L'ideale sarebbe che di queste manifestazioni fosse vittima un passante, meglio come ho già detto un vecchio, una donna o un bambino , rimanendo ferito da qualche colpo di arma da fuoco sparato dai dimostranti...." Francesco Cossiga
Questa banca è di proprietà del magnate greco Andreas Vgenopulos, soprannominato il « nuovo Onassis », considerato come uno degli uomini più ricchi del paese: proprietario dell'Olympic Air e molte altre società (Marfin Investment Group). Un uomo che ha in gran parte suscitato la rabbia dei greci dichiarando, non molto tempo fa, quando un giornalista gli chiese se pensava di vendere uno delle sue imbarcazioni da diporto per contrastare la crisi. « Io mi tengo i miei tre yacht alla faccia vostra! », aveva seccamente risposto il miliardario.
Ieri la folla accalcata fuori la banca Marfin ha quasi linciato Andreas Vgenopoulos, che era venuto a valutare i danni. la polizia ha dovuto evacuare immediatamente